Il Parlamento Europeo sta elaborando una soluzione per far votare gli eurodeputati da remoto, dal momento che fino a questo momento, in base a una decisione dell’Ufficio di Presidenza a seguito dell’emergenza Covid19, si poteva farlo via e-mail, con una procedura piuttosto macchinosa (redazione, stampa, firma, scansione e invio del voto) ma che consentiva di votare e verificare la corretta registrazione del voto.
Tuttavia alcune commissioni del Parlamento Europeo stanno iniziando a utilizzare l’applicazione iVote.
Qual è il problema?
Il primo problema è che senza un iPad o un iPhone, non si potrebbe votare.
Ma non sono soltanto i membri del Parlamento a essere costretti a utilizzare la tecnologia Apple ma anche i consulenti dei gruppi e gli assistenti che preparano liste di voto: insomma il messaggio che l’Europa sta dando è che le prerogative parlamentari saranno precluse a chi non volesse utilizzare Apple.
Come se non bastasse, per utilizzare iVote, sarà necessario disporre anche di un account iCloud.
Naturalmente le policies di Apple prevedono automaticamente la memorizzazione di diversi dati (foto, documenti, contatti, calendari, promemoria, segnalibri, dati sanitari, portachiavi e password) dai dispositivi degli utenti sui server di Cupertino e sul cloud storage.
L’europarlamentare Pirata Marcel Kolaja ha perciò espresso le proprie preoccupazioni per il fatto che i membri del Parlamento europeo debbano aprire un account con un servizio fornito da una società americana accettandone i relativi termini di servizio per poter esercitare pienamente il mandato parlamentare.
Il diritto di esercitare il mandato è fondamentale per una democrazia funzionante. Ai rappresentanti di cittadini eletti democraticamente non può essere negato il diritto di voto solo sulla base del fatto che non sono d’accordo con i termini di servizio di una società americana o che non desiderano avere un account con Apple.
In tempi di aumento dei rischi per la cybersicurezza e quando l’Europa parla della necessità di garantire la sovranità digitale, costringere i rappresentanti dei cittadini europei a dipendere da un’azienda americana per esercitare il proprio dovere di voto sembra uno scherzo di pessimo gusto. In sostanza, trovo questa situazione assolutamente inaccettabile e farò tutto ciò che è in mio potere per fermare un tale abuso non democratico.
Il Parlamento Europeo sta elaborando una soluzione per far votare gli eurodeputati da remoto, dal momento che fino a questo momento, in base a una decisione dell’Ufficio di Presidenza a seguito dell’emergenza Covid19, si poteva farlo via e-mail, con una procedura piuttosto macchinosa (redazione, stampa, firma, scansione e invio del voto) ma che consentiva di votare e verificare la corretta registrazione del voto.
Tuttavia alcune commissioni del Parlamento Europeo stanno iniziando a utilizzare l’applicazione iVote.
Qual è il problema?
Il primo problema è che senza un iPad o un iPhone, non si potrebbe votare.
Ma non sono soltanto i membri del Parlamento a essere costretti a utilizzare la tecnologia Apple ma anche i consulenti dei gruppi e gli assistenti che preparano liste di voto: insomma il messaggio che l’Europa sta dando è che le prerogative parlamentari saranno precluse a chi non volesse utilizzare Apple.
Come se non bastasse, per utilizzare iVote, sarà necessario disporre anche di un account iCloud.
Naturalmente le policies di Apple prevedono automaticamente la memorizzazione di diversi dati (foto, documenti, contatti, calendari, promemoria, segnalibri, dati sanitari, portachiavi e password) dai dispositivi degli utenti sui server di Cupertino e sul cloud storage.
L’europarlamentare Pirata Marcel Kolaja ha perciò espresso le proprie preoccupazioni per il fatto che i membri del Parlamento europeo debbano aprire un account con un servizio fornito da una società americana accettandone i relativi termini di servizio per poter esercitare pienamente il mandato parlamentare.