È stato definito il “massacro del mercoledì notte” quando sono stati licenziati in tronco i direttori di quattro organizzazioni controllate dall’Agenzia statunitense per i media globali (USAGM): Radio Free Asia, Radio Free Europe/Radio Liberty, Middle East Broadcasting, e l’Open Technology Fund (OTF).
Ma se la questione può essere letta all’interno di una normale (?) attività del Presidente degli Stati Uniti di reclamare il potere di usare anche queste agenzie in proprie armi politiche, c’è un aspetto che non può essere non considerato.
L’OTF, attraverso i fondi dell’Usagm, ha agito in questi anni come principale finanziatore di tecnologie basilari per la sicurezza e la condivisione, tutte basate su software libero, e ciò senza limitarsi a realità ufficiali e stabilizzate ma incoraggiando comunità altrimenti marginalizzate e guardate con sospetto a sviluppare al meglio le proprie tecnologie fondamentali per definire una nuova idea di «Internet Freedom».
Progetti come TOR, Globaleaks, OONI, LetsEncrypt, Tails, NoScript, LEAP e tanti altri non avrebbero mai raggiunto quella maturità che oggi hanno senza il finanziamento dell’OTF.
Emmanuele Somma, msg inviato su La Tolda dei Pirati
La sera di mercoledì 24/6, nell’ambito degli incontri periodici del Partito, si è svolta una tavola rotonda sul licenziamento dei direttori di quattro organizzazioni controllate dall’Agenzia statunitense per i media globali (USAGM): Radio Free Asia, Radio Free Europe/Radio Liberty, Middle East Broadcasting e, soprattutto, l’Open Technology Fund (OTF); sotto la moderazione di Emmanuele Somma, sono intervenuti l’europarlamentare pirata Mikuláš Peksa, Rima Sghaier GlobaLeaks (OTF Fellow), Claudio Agosti Tracking Exposed, Fabio Pietrosanti Hermes e Giorgio Maone (NoScript). Priscilla Robledo non è potuta intervenire ma vorrebbe promuovere un’attività di lobbing in favore del software libero.
La vicenda è stata riassunta molto bene in questo articolo di Emmanuele Somma, pubblicato su Agenda Digitale.
I contenuti della serata
Dopo l’introduzione di Emmanuele Somma e l’intervento iniziale di Mikuláš Peksa, Rima Sghaier ha annunciato che 800 organizzazioni hanno già firmato la lettera di protesta contro il “commissariamento” di OTF (che invita a sostenere) e ha raccontato i dettagli di questo attacco all’indipendenza di Open Technology Found e ha spiegato come grazie ai suoi finanziamenti è stato possibile creare il progetto Globalix (oggi non più finanziato dal’OTF) e la realizzazione di un tool di crittografia per il whistleblowing; ma ha anche elogiato la struttura di otf, trasparente e privacy based, accessibile e inclusiva e rappresenta un modello virtuoso di “esportazione della democrazia” in veste tecnolgica.
Fabio Pietrosanti ha infatti raccontato che l’OTF ha una struttura collaborativa molto democratica addirittura utilizzata nella definizione delle priorità (tecnologiche, etiche, etc) dell’anno successivo.
Con 50 MIL di $/anno si tratta di un’esperienza unica nel suo genere. Se si volesse replicare un modello analogo in Europa bisognerebbe definire come andare oltre il finanziamento iniziale perché in base all’obiettivo cambia il modello di sostenibilità economica dei progetti finanziati. Infatti, come per tutte le startup di successo, bisogna trasmettere la capacità di mettersi nei panni di chi doveva usare una certa tecnologia: chi è l’utente interessabile? E soprattutto, i semplici utenti possono diventare una community di utenti?
Oggi per esempio il compito di far collimare il mondo delle organizzazioni legate al mondo dei diritti umani e quello delle tecnologie dovrebbe essere un obiettivo della cooperazione internazionale.
Giorgio Maone, ricordando che l’OTF sta impugnando la nomina del nuovo direttore, ha poi introdotto il concetto per cui, anche se questo va contro il senso comune, i governi dovrebbero finanziare queste iniziative ma solo utilizzando un metodo oggettivamente razionale e libero come quello di OTF. Inizialmente infatti queste agenzie servivano a fare propaganda ma poi hanno rpeso una piega molto più aperta; oggi purtroppo ‘intenzione dell’amministrazione Trump è quella di ricondurre queste iniziative alla finalità originaria.
In questo caso, infatti, gli attivisti venivano dotati di strumenti sicuri e neutri (TOR su tutti) ma oggi il board (guidato da un politico che ha fatto della negazione del diritto dei transessuali a utilizzare i bagni più affini) è intenzionato a convergere i progetti su strumenti centralizzati, capillarmente controllati dal governo americano e perciò meno meritevoli di fiducia da parte dei cittadini non statunitensi.
Che il modello free software open source funzionasse bene è testimoniato dal fatto che anche se spesso le agenzie governative hanno provato a infiltrare la community con programmatori che inserivano backdoor (magari a scopo nobile: pedofilia, terrorismo, traffico di esseri umani e droga, etc) qusti tentativi sono sempre stati intercettati dalla community.
Il caso di Apple che afferma di non poter sbloccare un dispositivo ma senza potre dare dimostrazione dell’inesistenza di backdoor rappresenta bene la differenza tra impostazione a software libero rispetto a quella a software proprietario.
Oggi comunque ci sarebbero abbastanza fondi europei per creare un’OTF europea e se ci fossero anche altre OTF nel mondo, il sistema di finanziamento sarebbe molto più resiliente. L’olandese NL-Net è per esempio un’agenzia molto attiva e soprattutto agile.
Il punto davvero qualificante di OTF è stato la capacità di creare comunità e questo sarebbe anche in linea con progetti di cooperazione internazionale dell’Europa
Anche Claudio Agosti ha affrontato il problema di come reagire e, eventualmente, come sostituire il ruolo dell’OTF con altre realtà ma purtroppo le autorità esistenti hanno molti limiti: l’educazione alla libertà è scarsa e le persone non avvertono l’esigenza di avere software libero. Il caso di Immuni ha dimostrato per esempio che manca la sensibilità sulla proprietà dei dati, sulla libertà del software, sull’apertura del codice. Il punto è che il software libero non è la panacea. La comunità deve essere ampia e i metodi verificabili e senza bias del programmatore.
Grazie all’OTF si sono promosse tecnologie di grande interesse collettivo, mentre le caratteristiche chiuse delle grandi piattaforme danneggeranno proprio l’innovazione. Nel 2011 (quando viene finanziato il primo progetto dopo le rivolte arabe e lo scandalo wikileaks) Hillary Clinton affermò che l’impostazione di OTF fosse indipendente malgrado dovesse rispondere al congresso: OTF si è quindi mostrata affidabile per il congresso ma anche credibile per gli attivisti.
Nel 2013 con lo scandalo Snowden si capì che gli strumenti tecnologici liberi erano un po’ in ritardo rispetto alla tecnologia delle agenzie.
OTF naturalmente ha anche la finalità di controllare l’abuso da parte di aziende private ma sempre nel rispetto del principio di pubblico interesse: l’audit informatico sulla repressione tecnologica è stato inoltre uno dei contributi principali dell’agenzia (Julia Reda ha già proposto un programma di penetration test sulle tecnologie per verificare la presenza di backdoor ma oggi l’Europa è abbastanza ferma).
Fortunatamente i progetti avviati sono tutti sostenibili e non riesentiranno del commissariamento di OTF, ma il problema riguarderà i progetti in fase di finanziamento e sviuppo.
Emmanuele Somma ha aggiunto che anche se ora il Congresso dovrà decidere sull’assetto futuro delle agenzie commissariate, sarebbe il caso di intraprendere anche in Europa un’iniziativa di questo tipo, in modo che invece di finanziare le aziende spesso obsolete nella tecnologia, si finanzino programmi di sviluppo di software libero e a codice aperto.
Infine ha posto il problema di cosa dovrebbe fare un partito come il Partito Pirata: chiedere finanziamenti? Chiedere normativa vincolante?
A questa domanda Giorgio Maone ha suggerito che almeno nella scuola andrebbe vietato il software proprietario.
Fabio Pietrosanti ha invece ricordato iniziative come il consenso intorno alla lettera del prof. De Meo e soprattutto il progetto “Software Libero e Monitoraggio Civico” (anche se giustamente Somma si è chiesto perché nessuno dei tanti pirati che partecipano al progetto abbia mai presentato in agorà una mozione di sostegno) che sarà strutturato come una mappa e che vuole creare un osservatrio per forzare le PA a rispettare la legge (il CAD).
La sera di mercoledì 24/6, nell’ambito degli incontri periodici del Partito, si è svolta una tavola rotonda sul licenziamento dei direttori di quattro organizzazioni controllate dall’Agenzia statunitense per i media globali (USAGM): Radio Free Asia, Radio Free Europe/Radio Liberty, Middle East Broadcasting e, soprattutto, l’Open Technology Fund (OTF); sotto la moderazione di Emmanuele Somma, sono intervenuti l’europarlamentare pirata Mikuláš Peksa, Rima Sghaier GlobaLeaks (OTF Fellow), Claudio Agosti Tracking Exposed, Fabio Pietrosanti Hermes e Giorgio Maone (NoScript). Priscilla Robledo non è potuta intervenire ma vorrebbe promuovere un’attività di lobbing in favore del software libero.
La vicenda è stata riassunta molto bene in questo articolo di Emmanuele Somma, pubblicato su Agenda Digitale.
I contenuti della serata
Dopo l’introduzione di Emmanuele Somma e l’intervento iniziale di Mikuláš Peksa, Rima Sghaier ha annunciato che 800 organizzazioni hanno già firmato la lettera di protesta contro il “commissariamento” di OTF (che invita a sostenere) e ha raccontato i dettagli di questo attacco all’indipendenza di Open Technology Found e ha spiegato come grazie ai suoi finanziamenti è stato possibile creare il progetto Globalix (oggi non più finanziato dal’OTF) e la realizzazione di un tool di crittografia per il whistleblowing; ma ha anche elogiato la struttura di otf, trasparente e privacy based, accessibile e inclusiva e rappresenta un modello virtuoso di “esportazione della democrazia” in veste tecnolgica.
Fabio Pietrosanti ha infatti raccontato che l’OTF ha una struttura collaborativa molto democratica addirittura utilizzata nella definizione delle priorità (tecnologiche, etiche, etc) dell’anno successivo.
Con 50 MIL di $/anno si tratta di un’esperienza unica nel suo genere. Se si volesse replicare un modello analogo in Europa bisognerebbe definire come andare oltre il finanziamento iniziale perché in base all’obiettivo cambia il modello di sostenibilità economica dei progetti finanziati. Infatti, come per tutte le startup di successo, bisogna trasmettere la capacità di mettersi nei panni di chi doveva usare una certa tecnologia: chi è l’utente interessabile? E soprattutto, i semplici utenti possono diventare una community di utenti?
Oggi per esempio il compito di far collimare il mondo delle organizzazioni legate al mondo dei diritti umani e quello delle tecnologie dovrebbe essere un obiettivo della cooperazione internazionale.
Giorgio Maone, ricordando che l’OTF sta impugnando la nomina del nuovo direttore, ha poi introdotto il concetto per cui, anche se questo va contro il senso comune, i governi dovrebbero finanziare queste iniziative ma solo utilizzando un metodo oggettivamente razionale e libero come quello di OTF. Inizialmente infatti queste agenzie servivano a fare propaganda ma poi hanno rpeso una piega molto più aperta; oggi purtroppo ‘intenzione dell’amministrazione Trump è quella di ricondurre queste iniziative alla finalità originaria.
In questo caso, infatti, gli attivisti venivano dotati di strumenti sicuri e neutri (TOR su tutti) ma oggi il board (guidato da un politico che ha fatto della negazione del diritto dei transessuali a utilizzare i bagni più affini) è intenzionato a convergere i progetti su strumenti centralizzati, capillarmente controllati dal governo americano e perciò meno meritevoli di fiducia da parte dei cittadini non statunitensi.
Che il modello free software open source funzionasse bene è testimoniato dal fatto che anche se spesso le agenzie governative hanno provato a infiltrare la community con programmatori che inserivano backdoor (magari a scopo nobile: pedofilia, terrorismo, traffico di esseri umani e droga, etc) qusti tentativi sono sempre stati intercettati dalla community.
Il caso di Apple che afferma di non poter sbloccare un dispositivo ma senza potre dare dimostrazione dell’inesistenza di backdoor rappresenta bene la differenza tra impostazione a software libero rispetto a quella a software proprietario.
Oggi comunque ci sarebbero abbastanza fondi europei per creare un’OTF europea e se ci fossero anche altre OTF nel mondo, il sistema di finanziamento sarebbe molto più resiliente. L’olandese NL-Net è per esempio un’agenzia molto attiva e soprattutto agile.
Il punto davvero qualificante di OTF è stato la capacità di creare comunità e questo sarebbe anche in linea con progetti di cooperazione internazionale dell’Europa
Anche Claudio Agosti ha affrontato il problema di come reagire e, eventualmente, come sostituire il ruolo dell’OTF con altre realtà ma purtroppo le autorità esistenti hanno molti limiti: l’educazione alla libertà è scarsa e le persone non avvertono l’esigenza di avere software libero. Il caso di Immuni ha dimostrato per esempio che manca la sensibilità sulla proprietà dei dati, sulla libertà del software, sull’apertura del codice. Il punto è che il software libero non è la panacea. La comunità deve essere ampia e i metodi verificabili e senza bias del programmatore.
Grazie all’OTF si sono promosse tecnologie di grande interesse collettivo, mentre le caratteristiche chiuse delle grandi piattaforme danneggeranno proprio l’innovazione. Nel 2011 (quando viene finanziato il primo progetto dopo le rivolte arabe e lo scandalo wikileaks) Hillary Clinton affermò che l’impostazione di OTF fosse indipendente malgrado dovesse rispondere al congresso: OTF si è quindi mostrata affidabile per il congresso ma anche credibile per gli attivisti.
Nel 2013 con lo scandalo Snowden si capì che gli strumenti tecnologici liberi erano un po’ in ritardo rispetto alla tecnologia delle agenzie.
OTF naturalmente ha anche la finalità di controllare l’abuso da parte di aziende private ma sempre nel rispetto del principio di pubblico interesse: l’audit informatico sulla repressione tecnologica è stato inoltre uno dei contributi principali dell’agenzia (Julia Reda ha già proposto un programma di penetration test sulle tecnologie per verificare la presenza di backdoor ma oggi l’Europa è abbastanza ferma).
Fortunatamente i progetti avviati sono tutti sostenibili e non riesentiranno del commissariamento di OTF, ma il problema riguarderà i progetti in fase di finanziamento e sviuppo.
Emmanuele Somma ha aggiunto che anche se ora il Congresso dovrà decidere sull’assetto futuro delle agenzie commissariate, sarebbe il caso di intraprendere anche in Europa un’iniziativa di questo tipo, in modo che invece di finanziare le aziende spesso obsolete nella tecnologia, si finanzino programmi di sviluppo di software libero e a codice aperto.
Infine ha posto il problema di cosa dovrebbe fare un partito come il Partito Pirata: chiedere finanziamenti? Chiedere normativa vincolante?
A questa domanda Giorgio Maone ha suggerito che almeno nella scuola andrebbe vietato il software proprietario.
Fabio Pietrosanti ha invece ricordato iniziative come il consenso intorno alla lettera del prof. De Meo e soprattutto il progetto “Software Libero e Monitoraggio Civico” (anche se giustamente Somma si è chiesto perché nessuno dei tanti pirati che partecipano al progetto abbia mai presentato in agorà una mozione di sostegno) che sarà strutturato come una mappa e che vuole creare un osservatrio per forzare le PA a rispettare la legge (il CAD).