L’ottava legislatura del Parlamento Europeo volge al termine. Tra il 23 e il 26 maggio, gli elettori degli stati membri dell’Unione Europea saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi eurodeputati. Il 23 si voterà in Olandae nel Regno Unito, il 24 in Irlanda, il 25 a Malta, in Lettonia e in Slovacchia, e domenica 26 negli altri 22 paesi. Lo scrutinio inizierà poi contemporaneamente in tutta l’Unione, dalle 23:00 di domenica 26. I risultatidelle elezioni europee saranno quindi definitivi dalla mattina successiva, ma probabilmente si avrà un quadro abbastanza preciso del nuovo Europarlamento già poche ore dopo l’inizio dello spoglio.
La vigilia di questa tornata elettorale è stata caratterizzata dal tormentato processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il Consiglio Europeo, in vista della Brexit, aveva stabilito la riduzione da 751 a 705 del numero dei deputati da eleggere nel nuovo Parlamento, redistribuendo una parte dei seggi riservati al Regno Unito tra gli altri 27 stati. Il rinvio della Brexit al 31 ottobre 2019, stabilito di recente, rende tuttavia obbligatorial’elezione di europarlamentari anche da parte del Regno Unito. Pertanto, ogni stato membro eleggerà un numero di deputati pari a quello spettante nella legislatura che sta per concludersi, per un totale di 751 parlamentari, salvo il caso in cui la Brexit abbia luogo – molto improbabile, visti i precedenti – entro il mese di maggio. Se invece, come sembra, l’uscita del Regno Unito dall’UE dovesse concludersi dopo le elezioni, il mandato dei 73 eurodeputati britannici scadrà nel corso della prossima legislatura. Di conseguenza, entrerà in vigore la decisione del Consiglio Europeo che redistribuisce 27 dei 73 eurodeputati britannici tra gli altri paesi dell’Unione, che dovranno quindi “ripescare” alcuni dei non eletti (l’Italia ne guadagnerebbe 3, passando da 73 a 76).
Elezioni europee: la ripartizione dei seggi per paese
L’Unione Europea riserva ai singoli paesi la facoltà di adottare il sistema elettorale che preferiscono, purché nel rispetto di poche regole comuni, la più rilevante delle quali consiste nell’obbligo della rappresentanza proporzionale, sia esso con scrutinio di lista o voto singolo trasferibile. Il margine di decisione sugli elementi tecnici è comunque piuttosto ampio. Ogni paese, infatti, può stabilire la formula elettorale per il riparto dei seggi, il tipo di lista, la soglia disbarramento, l’eventuale suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni e molti altri aspetti.
Soglia di sbarramento
Le regole comuni sul sistema elettorale per le elezioni europee stabiliscono che la soglia di sbarramento prevista non può superare il 5% dei voti a livello nazionale. 10 dei 28 stati adottano una soglia di sbarramento del 5%: Belgio (a livello circoscrizionale), Croazia, Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. In Austria, Italia e Svezia lo sbarramento è del 4%, in Grecia del 3%, a Cipro dell’1,8% (ma solo in sede di recupero dei resti). Negli altri 13 paesi, infine, non vi è alcuna soglia.
Le regole comuni dispongono, inoltre, che a partire dal voto del 2024 le circoscrizioni che eleggono più di 35 eurodeputati dovranno necessariamente prevedere una soglia compresa tra il 2% e il 5%. Si tratta dei cinque paesi più popolosi dell’Unione: Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia, cui si aggiungerebbe il Regno Unito in caso di permanenza nella UE. Al momento, Regno Unito, Germania e Spagna non prevedono lo sbarramento. La Spagna dovrà introdurlo, mentre in Germania la clausola è stata dichiarata incostituzionale da una sentenza della Corte di Karlsruhe del 2014.
Elezioni europee: la soglia di sbarramento
Formula elettorale
Anche le modalità aritmetiche di traduzione dei voti in seggi variano molto tra gli stati dell’Unione. 18 paesi su 28 adottano il metodo dei divisori: i voti ottenuti da ciascuna lista vengono divisi per una serie di divisori ottenendo in tal modo dei quozienti, e gli N seggi sono attribuiti alle liste con gli N quozienti più alti.
In 15 stati i divisori per i quali si dividono i voti delle liste sono 1, 2, 3, 4 e così via. Si tratta del cosiddetto metodo D’Hondt, che tra i sistemi elettorali proporzionali è tra i più penalizzanti per i partiti di piccole dimensioni. In Lettonia e in Germania s’impiega invece il metodo Sainte-Laguë-Webster (dove i divisori sono 1, 3, 5, 7…). In Svezia si utilizza il metodo Sainte-Laguë modificato, i cui divisori sono 1.2, 3, 5, 7 ecc., in seguito a una recente riforma che ha ridotto il primo divisore da 1.4 a 1.2 per assicurare una maggiore proporzionalità.
8 paesi adottano invece il metodo del quoziente. In questa formula, il totale dei voti espressi alle liste viene diviso per il numero dei seggi da assegnare – talvolta aumentato di una o più unità – ottenendo in questo modo il quoziente elettorale. In seguito, i voti ottenuti da ciascuna lista vengono divisi per tale quoziente, e il numero di seggi spettante a ciascuna lista è dato dal risultato (in numeri interi) di questa operazione.
Elezioni europee: la formula elettorale
Il quoziente Hare (o Hare-Niemeyer), dato dal rapporto tra voti totali e numero di seggi da attribuire, è impiegato in Italia e altri 5 stati. In Slovacchia e in Lussemburgo si utilizza il quoziente Hagengbach-Bischoff, dato dal rapporto tra voti totali e numero di seggi da attribuire aumentato di uno. Questo metodo è leggermente più disproporzionale del quoziente Hare.
In Irlanda, a Malta, e in Irlanda del Nord (una delle 12 circoscrizioni che compongono il Regno Unito) vige il voto singolo trasferibile. Questo sistema permette agli elettori di votare non per le liste bensì direttamente per i singoli candidati della propria circoscrizione, ordinando gli stessi dal preferito al meno gradito. Il candidato che raggiunge la quota elettorale (il cosiddetto quoziente Droop) è eletto, e le sue “prime preferenze” che eccedono tale quota vengono redistribuite agli altri candidati in proporzione alle loro “seconde preferenze”.
Il tipo di lista: preferenze o liste bloccate?
Per ciò che riguarda il metodo di scelta dei candidati, vi sono spiccate differenze tra i paesi. A Malta e in Irlanda, come detto, si usa il voto singolo trasferibile. In 7 paesi le liste sono chiuse, ovvero bloccate: entro il numero di seggi che spettano a ciascuna forza politica sono eletti i candidati nell’ordine in cui compaiono nella lista.
Negli altri 19 stati l’elettore dispone della possibilità di dare un voto di preferenza. In Estonia, Finlandia, Olanda e Polonia si vota direttamente per il candidato, e il voto si estende alla lista: si tratta quindi, di fatto, di una preferenza obbligatoria.
La maggior parte dei paesi concede all’elettore la possibilità di esprimere una sola preferenza, mentre altrove è permesso esprimerne più d’una. Ad esempio, due in Repubblica Ceca, Slovacchia e a Cipro, quattro in Grecia, cinque in Lituania, ben sei in Lussemburgo (anche a candidati di liste diverse!) e addirittura illimitate – o meglio in misura non superiore al numero di candidati presenti in lista – in Belgio e in Lettonia. Il paese baltico è l’unico nel quale l’elettore può esprimere anche preferenze negative. In Italia le preferenze sono al massimo tre, con il vincolo dato dalle norme sulla preferenza di genere: se si esprime più di una preferenza non è possibile votare soltanto per candidati di un solo sesso.
Elezioni europee: il tipo di lista per paese
8 paesi adottano le liste aperte, ovvero quelle in cui i candidati sono eletti esclusivamente in ragione del voto personale da essi ricevuto. In altri termini, chi ottiene più preferenze, nell’ambito dei seggi attribuiti alla lista, diventa un eurodeputato. Negli altri paesi le liste sono flessibili: se un candidato ottiene una certa quota di voti (in genere tra il 5% e il 15% dei voti ottenuti dalla lista, ma sono presenti numerose varianti) “scavalca” quelli della lista bloccata, altrimenti prevale il criterio dell’ordine di presentazione. In Danimarca è possibile presentare sia liste aperte che liste flessibili, dunque ordinate, anche se le principali formazioni politiche in genere optano per le liste aperte.
Circoscrizioni, candidati indipendenti, voto obbligatorio e altre curiosità
La varietà dei sistemi elettorali in vigore negli stati membri dell’Unione non si limita alle soglie di sbarramento, alla formula elettorale e al tipo di lista. A un esame più attento dei metodi di voto adottati da ciascun paese si possono scovare alcune curiosità.
Le circoscrizioni
Uno degli elementi più rilevanti nel determinare la disproporzionalità di un sistema elettorale è l’ampiezza delle circoscrizioni, cioè il numero di seggi che essa attribuisce. Quasi tutti i paesi costituiscono un collegio unico nazionale nel quale si opera il conteggio dei seggi. In Belgio, in Irlanda e nel Regno Unito, invece, l’attribuzione dei seggi avviene in ambito circoscrizionale. Belgio e Irlanda sono costituiti da 3 circoscrizioni, che in Belgio corrispondono alle comunità linguistiche del paese (francofona, fiamminga e germanofona). Il Regno Unito è suddiviso in 12 circoscrizioni: una per Scozia, Galles e Irlanda del Nord e 9 per l’Inghilterra.
Anche Germania, Italia e Polonia sono suddivise in circoscrizioni (rispettivamente 16, 5 e 13). Tuttavia, in questi paesi l’attribuzione dei seggi avviene a livello nazionale: le circoscrizioni pertanto servono ai partiti soltanto per presentare candidati diversi tra le varie aree del paese. Se in Italia – salvi i casi di pluri-candidature – le liste circoscrizionali dei partiti sono differenti, in Germania soltanto la CDU/CSU presenta candidati diversi in ogni Land, mentre le altre formazioni politiche presentano un’unica lista federale. La Francia ha recentemente soppresso le 8 circoscrizioni in cui era suddivisa fino alle scorse elezioni.
Indipendenti e coalizioni
Gli elettori italiani saranno sorpresi nell’apprendere che in alcuni paesi è possibile che si presentino dei candidati indipendenti, esterni alle liste, che talvolta riescono anche ad essere eletti. Ciò avviene in Bulgaria, Estonia, Regno Unito, Romania e Cipro. Per essere eletti, occorre che essi raggiungano una quota elettorale.
In Danimarca, Cipro, Finlandia, Italia (solo per i partiti espressione di minoranze linguistiche, come la SVP), Lettonia, Lituania, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia è possibile che due o più liste si uniscano in una coalizione.
In Finlandia, oltre ai partiti, possono presentarsi alle elezioni anche le constituency associations, che sono espressione di una rappresentanza territoriale.
Elettorato attivo e passivo
Il voto è obbligatorio in 3 dei 28 paesi: Belgio, Lussemburgo e Grecia, ma in quest’ultimo caso l’obbligo è solo di natura formale, poiché non vi sono sanzioni per chi non si reca alle urne. In Bulgaria l’obbligatorietà del voto, approvata dal parlamento nel 2016, è stata abolita dalla Corte costituzionale nel 2017, anno in cui anche Ciproha soppresso questa disposizione, ormai desueta.
Nella gran parte dei paesi europei il diritto di voto si ottiene a 18 anni. Le eccezioni sono costituite dalla Grecia(17 anni) e da Austria e Malta, dove è permesso votare anche ai sedicenni. L’età per l’elettorato passivo varia tra i 18 anni (15 paesi) e i 25 (soltanto Grecia e Italia). In tutti gli altri si può essere eletti a 21 anni oppure a 23 (solo in Romania).
I cittadini di Irlanda, Malta, Repubblica Ceca e Slovacchia non possono votare alle elezioni europee se risiedono all’estero. Tale possibilità è concessa negli altri 24 paesi, con modalità differenti: per posta (15 paesi), in ambasciata (19 paesi), per delega (4 paesi) o attraverso il voto elettronico (solo in Estonia). In Italia, Grecia, Bulgaria e Regno Unito si può votare dall’estero soltanto se si è residenti in un paese dell’Unione Europea.
(Articolo a cura di Marco Giannatiempo. Grafici e mappe a cura di Alessio Vernetti)
Elezioni Europee 2019: tutti i sistemi elettorali nella UE
26 Aprile 2019
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L’ottava legislatura del Parlamento Europeo volge al termine. Tra il 23 e il 26 maggio, gli elettori degli stati membri dell’Unione Europea saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi eurodeputati. Il 23 si voterà in Olandae nel Regno Unito, il 24 in Irlanda, il 25 a Malta, in Lettonia e in Slovacchia, e domenica 26 negli altri 22 paesi. Lo scrutinio inizierà poi contemporaneamente in tutta l’Unione, dalle 23:00 di domenica 26. I risultatidelle elezioni europee saranno quindi definitivi dalla mattina successiva, ma probabilmente si avrà un quadro abbastanza preciso del nuovo Europarlamento già poche ore dopo l’inizio dello spoglio.
La vigilia di questa tornata elettorale è stata caratterizzata dal tormentato processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il Consiglio Europeo, in vista della Brexit, aveva stabilito la riduzione da 751 a 705 del numero dei deputati da eleggere nel nuovo Parlamento, redistribuendo una parte dei seggi riservati al Regno Unito tra gli altri 27 stati. Il rinvio della Brexit al 31 ottobre 2019, stabilito di recente, rende tuttavia obbligatorial’elezione di europarlamentari anche da parte del Regno Unito. Pertanto, ogni stato membro eleggerà un numero di deputati pari a quello spettante nella legislatura che sta per concludersi, per un totale di 751 parlamentari, salvo il caso in cui la Brexit abbia luogo – molto improbabile, visti i precedenti – entro il mese di maggio. Se invece, come sembra, l’uscita del Regno Unito dall’UE dovesse concludersi dopo le elezioni, il mandato dei 73 eurodeputati britannici scadrà nel corso della prossima legislatura. Di conseguenza, entrerà in vigore la decisione del Consiglio Europeo che redistribuisce 27 dei 73 eurodeputati britannici tra gli altri paesi dell’Unione, che dovranno quindi “ripescare” alcuni dei non eletti (l’Italia ne guadagnerebbe 3, passando da 73 a 76).
Elezioni europee: la ripartizione dei seggi per paese
L’Unione Europea riserva ai singoli paesi la facoltà di adottare il sistema elettorale che preferiscono, purché nel rispetto di poche regole comuni, la più rilevante delle quali consiste nell’obbligo della rappresentanza proporzionale, sia esso con scrutinio di lista o voto singolo trasferibile. Il margine di decisione sugli elementi tecnici è comunque piuttosto ampio. Ogni paese, infatti, può stabilire la formula elettorale per il riparto dei seggi, il tipo di lista, la soglia di sbarramento, l’eventuale suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni e molti altri aspetti.
Soglia di sbarramento
Le regole comuni sul sistema elettorale per le elezioni europee stabiliscono che la soglia di sbarramento prevista non può superare il 5% dei voti a livello nazionale. 10 dei 28 stati adottano una soglia di sbarramento del 5%: Belgio (a livello circoscrizionale), Croazia, Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. In Austria, Italia e Svezia lo sbarramento è del 4%, in Grecia del 3%, a Cipro dell’1,8% (ma solo in sede di recupero dei resti). Negli altri 13 paesi, infine, non vi è alcuna soglia.
Le regole comuni dispongono, inoltre, che a partire dal voto del 2024 le circoscrizioni che eleggono più di 35 eurodeputati dovranno necessariamente prevedere una soglia compresa tra il 2% e il 5%. Si tratta dei cinque paesi più popolosi dell’Unione: Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia, cui si aggiungerebbe il Regno Unito in caso di permanenza nella UE. Al momento, Regno Unito, Germania e Spagna non prevedono lo sbarramento. La Spagna dovrà introdurlo, mentre in Germania la clausola è stata dichiarata incostituzionale da una sentenza della Corte di Karlsruhe del 2014.
Elezioni europee: la soglia di sbarramento
Formula elettorale
Anche le modalità aritmetiche di traduzione dei voti in seggi variano molto tra gli stati dell’Unione. 18 paesi su 28 adottano il metodo dei divisori: i voti ottenuti da ciascuna lista vengono divisi per una serie di divisori ottenendo in tal modo dei quozienti, e gli N seggi sono attribuiti alle liste con gli N quozienti più alti.
In 15 stati i divisori per i quali si dividono i voti delle liste sono 1, 2, 3, 4 e così via. Si tratta del cosiddetto metodo D’Hondt, che tra i sistemi elettorali proporzionali è tra i più penalizzanti per i partiti di piccole dimensioni. In Lettonia e in Germania s’impiega invece il metodo Sainte-Laguë-Webster (dove i divisori sono 1, 3, 5, 7…). In Svezia si utilizza il metodo Sainte-Laguë modificato, i cui divisori sono 1.2, 3, 5, 7 ecc., in seguito a una recente riforma che ha ridotto il primo divisore da 1.4 a 1.2 per assicurare una maggiore proporzionalità.
8 paesi adottano invece il metodo del quoziente. In questa formula, il totale dei voti espressi alle liste viene diviso per il numero dei seggi da assegnare – talvolta aumentato di una o più unità – ottenendo in questo modo il quoziente elettorale. In seguito, i voti ottenuti da ciascuna lista vengono divisi per tale quoziente, e il numero di seggi spettante a ciascuna lista è dato dal risultato (in numeri interi) di questa operazione.
Elezioni europee: la formula elettorale
Il quoziente Hare (o Hare-Niemeyer), dato dal rapporto tra voti totali e numero di seggi da attribuire, è impiegato in Italia e altri 5 stati. In Slovacchia e in Lussemburgo si utilizza il quoziente Hagengbach-Bischoff, dato dal rapporto tra voti totali e numero di seggi da attribuire aumentato di uno. Questo metodo è leggermente più disproporzionale del quoziente Hare.
In Irlanda, a Malta, e in Irlanda del Nord (una delle 12 circoscrizioni che compongono il Regno Unito) vige il voto singolo trasferibile. Questo sistema permette agli elettori di votare non per le liste bensì direttamente per i singoli candidati della propria circoscrizione, ordinando gli stessi dal preferito al meno gradito. Il candidato che raggiunge la quota elettorale (il cosiddetto quoziente Droop) è eletto, e le sue “prime preferenze” che eccedono tale quota vengono redistribuite agli altri candidati in proporzione alle loro “seconde preferenze”.
Il tipo di lista: preferenze o liste bloccate?
Per ciò che riguarda il metodo di scelta dei candidati, vi sono spiccate differenze tra i paesi. A Malta e in Irlanda, come detto, si usa il voto singolo trasferibile. In 7 paesi le liste sono chiuse, ovvero bloccate: entro il numero di seggi che spettano a ciascuna forza politica sono eletti i candidati nell’ordine in cui compaiono nella lista.
Negli altri 19 stati l’elettore dispone della possibilità di dare un voto di preferenza. In Estonia, Finlandia, Olanda e Polonia si vota direttamente per il candidato, e il voto si estende alla lista: si tratta quindi, di fatto, di una preferenza obbligatoria.
La maggior parte dei paesi concede all’elettore la possibilità di esprimere una sola preferenza, mentre altrove è permesso esprimerne più d’una. Ad esempio, due in Repubblica Ceca, Slovacchia e a Cipro, quattro in Grecia, cinque in Lituania, ben sei in Lussemburgo (anche a candidati di liste diverse!) e addirittura illimitate – o meglio in misura non superiore al numero di candidati presenti in lista – in Belgio e in Lettonia. Il paese baltico è l’unico nel quale l’elettore può esprimere anche preferenze negative. In Italia le preferenze sono al massimo tre, con il vincolo dato dalle norme sulla preferenza di genere: se si esprime più di una preferenza non è possibile votare soltanto per candidati di un solo sesso.
Elezioni europee: il tipo di lista per paese
8 paesi adottano le liste aperte, ovvero quelle in cui i candidati sono eletti esclusivamente in ragione del voto personale da essi ricevuto. In altri termini, chi ottiene più preferenze, nell’ambito dei seggi attribuiti alla lista, diventa un eurodeputato. Negli altri paesi le liste sono flessibili: se un candidato ottiene una certa quota di voti (in genere tra il 5% e il 15% dei voti ottenuti dalla lista, ma sono presenti numerose varianti) “scavalca” quelli della lista bloccata, altrimenti prevale il criterio dell’ordine di presentazione. In Danimarca è possibile presentare sia liste aperte che liste flessibili, dunque ordinate, anche se le principali formazioni politiche in genere optano per le liste aperte.
Circoscrizioni, candidati indipendenti, voto obbligatorio e altre curiosità
La varietà dei sistemi elettorali in vigore negli stati membri dell’Unione non si limita alle soglie di sbarramento, alla formula elettorale e al tipo di lista. A un esame più attento dei metodi di voto adottati da ciascun paese si possono scovare alcune curiosità.
Le circoscrizioni
Uno degli elementi più rilevanti nel determinare la disproporzionalità di un sistema elettorale è l’ampiezza delle circoscrizioni, cioè il numero di seggi che essa attribuisce. Quasi tutti i paesi costituiscono un collegio unico nazionale nel quale si opera il conteggio dei seggi. In Belgio, in Irlanda e nel Regno Unito, invece, l’attribuzione dei seggi avviene in ambito circoscrizionale. Belgio e Irlanda sono costituiti da 3 circoscrizioni, che in Belgio corrispondono alle comunità linguistiche del paese (francofona, fiamminga e germanofona). Il Regno Unito è suddiviso in 12 circoscrizioni: una per Scozia, Galles e Irlanda del Nord e 9 per l’Inghilterra.
Anche Germania, Italia e Polonia sono suddivise in circoscrizioni (rispettivamente 16, 5 e 13). Tuttavia, in questi paesi l’attribuzione dei seggi avviene a livello nazionale: le circoscrizioni pertanto servono ai partiti soltanto per presentare candidati diversi tra le varie aree del paese. Se in Italia – salvi i casi di pluri-candidature – le liste circoscrizionali dei partiti sono differenti, in Germania soltanto la CDU/CSU presenta candidati diversi in ogni Land, mentre le altre formazioni politiche presentano un’unica lista federale. La Francia ha recentemente soppresso le 8 circoscrizioni in cui era suddivisa fino alle scorse elezioni.
Indipendenti e coalizioni
Gli elettori italiani saranno sorpresi nell’apprendere che in alcuni paesi è possibile che si presentino dei candidati indipendenti, esterni alle liste, che talvolta riescono anche ad essere eletti. Ciò avviene in Bulgaria, Estonia, Regno Unito, Romania e Cipro. Per essere eletti, occorre che essi raggiungano una quota elettorale.
In Danimarca, Cipro, Finlandia, Italia (solo per i partiti espressione di minoranze linguistiche, come la SVP), Lettonia, Lituania, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia è possibile che due o più liste si uniscano in una coalizione.
In Finlandia, oltre ai partiti, possono presentarsi alle elezioni anche le constituency associations, che sono espressione di una rappresentanza territoriale.
Elettorato attivo e passivo
Il voto è obbligatorio in 3 dei 28 paesi: Belgio, Lussemburgo e Grecia, ma in quest’ultimo caso l’obbligo è solo di natura formale, poiché non vi sono sanzioni per chi non si reca alle urne. In Bulgaria l’obbligatorietà del voto, approvata dal parlamento nel 2016, è stata abolita dalla Corte costituzionale nel 2017, anno in cui anche Ciproha soppresso questa disposizione, ormai desueta.
Nella gran parte dei paesi europei il diritto di voto si ottiene a 18 anni. Le eccezioni sono costituite dalla Grecia(17 anni) e da Austria e Malta, dove è permesso votare anche ai sedicenni. L’età per l’elettorato passivo varia tra i 18 anni (15 paesi) e i 25 (soltanto Grecia e Italia). In tutti gli altri si può essere eletti a 21 anni oppure a 23 (solo in Romania).
I cittadini di Irlanda, Malta, Repubblica Ceca e Slovacchia non possono votare alle elezioni europee se risiedono all’estero. Tale possibilità è concessa negli altri 24 paesi, con modalità differenti: per posta (15 paesi), in ambasciata (19 paesi), per delega (4 paesi) o attraverso il voto elettronico (solo in Estonia). In Italia, Grecia, Bulgaria e Regno Unito si può votare dall’estero soltanto se si è residenti in un paese dell’Unione Europea.
(Articolo a cura di Marco Giannatiempo. Grafici e mappe a cura di Alessio Vernetti)