nell’articolo di Giovanni Lamberti «Il M5s vuole il voto elettronico per le prossime Politiche» del 20 gennaio 2019
sono presenti significative inesattezze che non possono non essere attribuite alla testata e al lavoro giornalistico svolto per la redazione dell’articolo per cui vi chiedo, in qualche forma, di porre rimedio, richiamando se possibile la rettifica nell’articolo originale in modo che i lettori possano farsi un’idea completa dell’argomento.
1. La Norvegia, citata molte volte in passaggi non intesi come citazione, ha abbandonato già nel 2014 il voto elettronico dopo test estesi e controllati.
Anche le analisi preliminari ai test condotti già nel 2011 verificarono che il voto norvegese fosse solo parzialmente compatibile con le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa sulle elezioni.
Anche dal punto di vista della velocità e dell’efficienza il voto non dimostrò un miglioramento definitivo nelle operazioni di conteggio e di produzione dei risultati.
In definitiva la Norvegia rappresenta piuttosto uno dei migliori controesempi all’applicazione del voto elettronico visto anche il fatto che negli indici di democrazia occupa uno dei posti più alti, se non il primo, al mondo.
Visto che la sua testata vuole connotarsi con una particolare attenzione alle fonti, forse dovrebbe consigliare al giornalista, al suo prossimo articolo sull’argomento che evidentemente non padroneggia, di fare un minimo di ricerca cone le chiavi di ricerca su Google: come «norway e-voting» e limitarsi a leggere anche i soli due primi risultati.
2. L’intera affermazione: «…per avvicinarsi a Paesi baltici e scandinavi come l’Estonia e la Norvegia che da tempo usano l’e-voting» risulta fasulla. Non volendo fare ricerche più approfondite, sarebbe bastata una ricerca sull’apposita pagina di Wikipedia per accorgersi che dei paesi baltici e scandinavi nessuno, oltre l’Estonia, adotta il voto elettronico. La pagina Wikipedia è:
Non fidandosi, come è opportuno per un giornalista, di Wikipedia, anche qui una semplice ricerca su Google con le chiavi, ad esempio: «Latvia e-voting» o «Lithuania e-voting» si sarebbe facilmente potuto arrivare a fonti primarie valide.
3. L’affermazione «In alcuni Paesi europei come la Germania si è deciso di non seguire questa strada proprio per i problemi legati alla sicurezza» è falsa in quanto la Germania, attraverso una nota sentenza della Corte Costituzionale che tralasciava completamente gli aspetti tecnologici o relativi alla sicurezza, ha determinato che il voto elettronico risulta essere incompatibile con la Costituzione, con le fondamenta dello stato di diritto, della Repubblica e della democrazi stessa in quanto l’utilizzo di macchine per il voto, che registrano elettronicamente le scelte degli elettori e gestiscono l’aggregazione e la comunicazione del risultato elettorale, soddisferebbe i requisiti costituzionali solo se i passaggi essenziali del voto e della constatazione del risultato potessero essere esaminati in modo affidabile e senza alcuna conoscenza specialistica della materia da parte di qualsiasi cittadino. Abbiamo integralmente tradotto la sentenza della Corte e pubblicata online qui:
La sicurezza quindi con la Germania non c’entra nulla. In compenso altre nazioni, come i Paesi Bassi, dopo un esteso uso del voto elettronico, lo hanno abbandonato, ufficialmente, per l’incapacità di garantire un processo elettorale sicuro e ordinato e messo al riparo da interferenze di eventuali potenze estere interessate a destabilizzare il processo democratico.
4. «Si tratterebbe di una platea – secondo quanto è stato stimato – di circa un milione di persone, quante più o meno votano a votare [sic!] in Estonia con l’e-voting.»
Anche qui sarebbe bastata, se non una pregressa conoscenza della geografia, una superficiale lettura di Wikipedia avrebbe potuto consigliare al giornalista di non sparale così grosse in quanto ‘Estonia è un paese complessivamente di poco più di un milione di abitanti, centenari e neonati compresi. Neppure mettendo assieme tutte le votazioni mai tenute elettronicamente dagli anni 2000 ad oggi si arriverebbe alla cifra di un milione di votanti con l’e-voting. Secondo i dati riportati da Wikipedia nelle scorse tre votazioni (2014,2015, 2017) hanno stabilmente votato circa 170.000 persone.
Non apro il capitolo delle volute omissioni, come ad esempio il grosso problema con le carte di identità estoni, come gli studi che mostrano come il voto elettronico invece di ridurre aumenta l’astensionismo e porta i cittadini a disaffezionarsi al processo elettorale (considerazione che ha portato alcuni paesi a limitare i progetti di e-voting). Per non parlare, ma questa è una piaga a sé, l’assoluta inconcludenza del collegamento tra blockchain e voto democratico di cui.
Sono certo di usa sua attenzione per questi temi così importanti per la democrazia e la sua disponibilità a ripristinare la verità dei fatti, la ringrazio fin da ora per il suo opportuno intervento.
Grazie, Emmanuele Somma [email protected] Segretario del Comitato per i Requisiti del Voto in Democrazia http://crvd.org
L’articolo:
Il M5s vuole il voto elettronico per le prossime Politiche
Il Movimento 5 stelle accelera sul voto onine alle prossime elezioni: l’idea per ora è quella di affidarsi a seggi elettronici in strutture pubbliche controllate dall’autorità. Ovvero di ricalcare alle Politiche il modello del referendum in Lombardia organizzato dall’allora governatore Maroni. Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, Brescia, nei giorni scorsi ha incontrato la società che gestì il voto online sull’autonomia regionale.
I pentastellati puntano a legare il percorso sui referendum propositivi – da martedì l’Aula della Camera è chiamata ad esprimersi – al cambio di passo anche sull’utilizzo delle tecnologie. A fine febbraio ci saranno degli eventi per cominciare a discuterne, mentre si è formato un tavolo tecnico al Viminale con il garante della Privacy, il ministero della P.a., l’agenzia per l’Italia digitale. Una delle idee appunto è quella di sperimentare sui referendum il voto elettronico e di studiare le modalità per avvicinarsi a Paesi baltici e scandinavi come l’Estonia e la Norvegia che da tempo usano l’e-voting. L’obiettivo è quello di arrivare alle Politiche con una “modernizzazione delle procedure elettorali”.
Elemento cruciale del sistema estone è che il voto online è collegato alle carte di identità elettroniche di ultima generazione che hanno tutti i cittadini e residenti. Le carte di identità digitali permettono l’autenticazione online del titolare in sicurezza e consentono di abbinare una firma digitale con l’account (quelle piu’ recenti includono una copia elettronica delle impronte digitali del proprietario).
Perché la Blockchain
In alcuni Paesi europei come la Germania si è deciso di non seguire questa strada proprio per i problemi legati alla sicurezza. M5s sta valutando una serie di proposte – nei giorni scorsi ci sono stati incontri anche con diversi costituzionalisti – per superare tutti i dubbi sul tavolo, assicurando che il voto sia sempre libero e segreto. Come? Si punta ad usare la Blockchain per la trasmissione dei dati e gli archivi digitali, ovvero la piattaforma che a detta del Movimento 5 stelle può garantire la sicurezza del voto in quanto non è mai stata violata dagli hacker. Lo scopo dei pentastellati è quello di aprire il confronto in sede parlamentare. Anche con le forze dell’opposizione.
L’11 ottobre scorso è stata approvata alla Camera la proposta di legge “elezioni pulite” che prevedeva un meccanismo a sostegno dei fuori sede, consentendogli di votare, già alle Europee, in un comune diverso da quello di residenza. La legge Nesci (dal nome della pentastellata che l’ha proposta) è pero’ ferma al Senato. L’obiettivo del Movimento è quello innanzitutto di agganciarsi a quel testo: ovvero far votare online alle Politiche gli studenti e i lavoratori fuori sede ma anche gli italiani all’estero. Si tratterebbe di una platea – secondo quanto è stato stimato – di circa un milione di persone, quante più o meno votano a votare in Estonia con l’e-voting.
Lo scopo innanzitutto è quello di combattere l’astensionismo, garantire che non ci siano brogli e anche ridurre le spese. Il percorso è partito proprio con il lavoro sui referendum propositivi. Ad ottobre un gruppo di deputati M5s ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno per chiedere “anche in via graduale” l’introduzione “tout court” del sistema del voto elettronico. A febbraio M5s accelererà, lavorando proprio sull’identità digitale che tra l’altro verrà utilizzata anche per usufruire del reddito di cittadinanza.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a [email protected].
Gentile Direttore,
nell’articolo di Giovanni Lamberti «Il M5s vuole il voto elettronico per le prossime Politiche» del 20 gennaio 2019
sono presenti significative inesattezze che non possono non essere attribuite alla testata e al lavoro giornalistico svolto per la redazione dell’articolo per cui vi chiedo, in qualche forma, di porre rimedio, richiamando se possibile la rettifica nell’articolo originale in modo che i lettori possano farsi un’idea completa dell’argomento.
1. La Norvegia, citata molte volte in passaggi non intesi come citazione, ha abbandonato già nel 2014 il voto elettronico dopo test estesi e controllati.
Anche le analisi preliminari ai test condotti già nel 2011 verificarono che il voto norvegese fosse solo parzialmente compatibile con le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa sulle elezioni.
Anche dal punto di vista della velocità e dell’efficienza il voto non dimostrò un miglioramento definitivo nelle operazioni di conteggio e di produzione dei risultati.
In definitiva la Norvegia rappresenta piuttosto uno dei migliori controesempi all’applicazione del voto elettronico visto anche il fatto che negli indici di democrazia occupa uno dei posti più alti, se non il primo, al mondo.
Visto che la sua testata vuole connotarsi con una particolare attenzione alle fonti, forse dovrebbe consigliare al giornalista, al suo prossimo articolo sull’argomento che evidentemente non padroneggia, di fare un minimo di ricerca cone le chiavi di ricerca su Google: come «norway e-voting» e limitarsi a leggere anche i soli due primi risultati.
2. L’intera affermazione: «…per avvicinarsi a Paesi baltici e scandinavi come l’Estonia e la Norvegia che da tempo usano l’e-voting» risulta fasulla. Non volendo fare ricerche più approfondite, sarebbe bastata una ricerca sull’apposita pagina di Wikipedia per accorgersi che dei paesi baltici e scandinavi nessuno, oltre l’Estonia, adotta il voto elettronico. La pagina Wikipedia è:
Non fidandosi, come è opportuno per un giornalista, di Wikipedia, anche qui una semplice ricerca su Google con le chiavi, ad esempio: «Latvia e-voting» o «Lithuania e-voting» si sarebbe facilmente potuto arrivare a fonti primarie valide.
3. L’affermazione «In alcuni Paesi europei come la Germania si è deciso di non seguire questa strada proprio per i problemi legati alla sicurezza» è falsa in quanto la Germania, attraverso una nota sentenza della Corte Costituzionale che tralasciava completamente gli aspetti tecnologici o relativi alla sicurezza, ha determinato che il voto elettronico risulta essere incompatibile con la Costituzione, con le fondamenta dello stato di diritto, della Repubblica e della democrazi stessa in quanto l’utilizzo di macchine per il voto, che registrano elettronicamente le scelte degli elettori e gestiscono l’aggregazione e la comunicazione del risultato elettorale, soddisferebbe i requisiti costituzionali solo se i passaggi essenziali del voto e della constatazione del risultato potessero essere esaminati in modo affidabile e senza alcuna conoscenza specialistica della materia da parte di qualsiasi cittadino. Abbiamo integralmente tradotto la sentenza della Corte e pubblicata online qui:
La sicurezza quindi con la Germania non c’entra nulla. In compenso altre nazioni, come i Paesi Bassi, dopo un esteso uso del voto elettronico, lo hanno abbandonato, ufficialmente, per l’incapacità di garantire un processo elettorale sicuro e ordinato e messo al riparo da interferenze di eventuali potenze estere interessate a destabilizzare il processo democratico.
4. «Si tratterebbe di una platea – secondo quanto è stato stimato – di circa un milione di persone, quante più o meno votano a votare [sic!] in Estonia con l’e-voting.»
Anche qui sarebbe bastata, se non una pregressa conoscenza della geografia, una superficiale lettura di Wikipedia avrebbe potuto consigliare al giornalista di non sparale così grosse in quanto ‘Estonia è un paese complessivamente di poco più di un milione di abitanti, centenari e neonati compresi. Neppure mettendo assieme tutte le votazioni mai tenute elettronicamente dagli anni 2000 ad oggi si arriverebbe alla cifra di un milione di votanti con l’e-voting. Secondo i dati riportati da Wikipedia nelle scorse tre votazioni (2014,2015, 2017) hanno stabilmente votato circa 170.000 persone.
Non apro il capitolo delle volute omissioni, come ad esempio il grosso problema con le carte di identità estoni, come gli studi che mostrano come il voto elettronico invece di ridurre aumenta l’astensionismo e porta i cittadini a disaffezionarsi al processo elettorale (considerazione che ha portato alcuni paesi a limitare i progetti di e-voting). Per non parlare, ma questa è una piaga a sé, l’assoluta inconcludenza del collegamento tra blockchain e voto democratico di cui.
Sono certo di usa sua attenzione per questi temi così importanti per la democrazia e la sua disponibilità a ripristinare la verità dei fatti, la ringrazio fin da ora per il suo opportuno intervento.
Grazie,
Emmanuele Somma
[email protected]
Segretario del Comitato per i Requisiti del Voto in Democrazia
http://crvd.org
L’articolo:
Il M5s vuole il voto elettronico per le prossime Politiche
Il Movimento 5 stelle accelera sul voto onine alle prossime elezioni: l’idea per ora è quella di affidarsi a seggi elettronici in strutture pubbliche controllate dall’autorità. Ovvero di ricalcare alle Politiche il modello del referendum in Lombardia organizzato dall’allora governatore Maroni. Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, Brescia, nei giorni scorsi ha incontrato la società che gestì il voto online sull’autonomia regionale.
I pentastellati puntano a legare il percorso sui referendum propositivi – da martedì l’Aula della Camera è chiamata ad esprimersi – al cambio di passo anche sull’utilizzo delle tecnologie. A fine febbraio ci saranno degli eventi per cominciare a discuterne, mentre si è formato un tavolo tecnico al Viminale con il garante della Privacy, il ministero della P.a., l’agenzia per l’Italia digitale. Una delle idee appunto è quella di sperimentare sui referendum il voto elettronico e di studiare le modalità per avvicinarsi a Paesi baltici e scandinavi come l’Estonia e la Norvegia che da tempo usano l’e-voting. L’obiettivo è quello di arrivare alle Politiche con una “modernizzazione delle procedure elettorali”.
Elemento cruciale del sistema estone è che il voto online è collegato alle carte di identità elettroniche di ultima generazione che hanno tutti i cittadini e residenti. Le carte di identità digitali permettono l’autenticazione online del titolare in sicurezza e consentono di abbinare una firma digitale con l’account (quelle piu’ recenti includono una copia elettronica delle impronte digitali del proprietario).
Perché la Blockchain
In alcuni Paesi europei come la Germania si è deciso di non seguire questa strada proprio per i problemi legati alla sicurezza. M5s sta valutando una serie di proposte – nei giorni scorsi ci sono stati incontri anche con diversi costituzionalisti – per superare tutti i dubbi sul tavolo, assicurando che il voto sia sempre libero e segreto. Come? Si punta ad usare la Blockchain per la trasmissione dei dati e gli archivi digitali, ovvero la piattaforma che a detta del Movimento 5 stelle può garantire la sicurezza del voto in quanto non è mai stata violata dagli hacker. Lo scopo dei pentastellati è quello di aprire il confronto in sede parlamentare. Anche con le forze dell’opposizione.
L’11 ottobre scorso è stata approvata alla Camera la proposta di legge “elezioni pulite” che prevedeva un meccanismo a sostegno dei fuori sede, consentendogli di votare, già alle Europee, in un comune diverso da quello di residenza. La legge Nesci (dal nome della pentastellata che l’ha proposta) è pero’ ferma al Senato. L’obiettivo del Movimento è quello innanzitutto di agganciarsi a quel testo: ovvero far votare online alle Politiche gli studenti e i lavoratori fuori sede ma anche gli italiani all’estero. Si tratterebbe di una platea – secondo quanto è stato stimato – di circa un milione di persone, quante più o meno votano a votare in Estonia con l’e-voting.
Lo scopo innanzitutto è quello di combattere l’astensionismo, garantire che non ci siano brogli e anche ridurre le spese. Il percorso è partito proprio con il lavoro sui referendum propositivi. Ad ottobre un gruppo di deputati M5s ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno per chiedere “anche in via graduale” l’introduzione “tout court” del sistema del voto elettronico. A febbraio M5s accelererà, lavorando proprio sull’identità digitale che tra l’altro verrà utilizzata anche per usufruire del reddito di cittadinanza.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a [email protected].