Tutti parlano di digitalizzazione, ma cosa c’è all’interno dei programmi delle forze politiche?
Ora che sono stati depositati i simboli delle liste che verranno presentate alle elezioni, avvieremo un monitoraggio sui programmi politici.
Lo faremo aprendo un post su feddit.it, per fare in modo che tutti possano partecipare con il proprio contributo e attraverso il proprio punto di vista politico.
Ma quali saranno i parametri con i quali procederemo all’analisi dei programmi?
La digitalizzazione: un modo per rimuovere gli ostacoli e non per disseminare trappole
L’articolo 3 della Costituzione italiana racchiude in sé l’unico approccio possibile per gestire la rivoluzione digitale nell’attuale quadro democratico:
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Se l’infosfera non è altro che la prosecuzione della realtà, allo stesso modo i cosiddetti diritti digitali sono la prosecuzione di quegli stessi diritti umani, civili e sociali per cui continua a essere fondamentale lottare.
Come tutte le lotte più importanti tra quelle intraprese dal popolo, anche questa è una lotta di carattere internazionale che travalica gli stati nazionali e che coinvolge cittadini di tutto il mondo, organismi transnazionali e multinazionali tecnologiche.
I tre diritti fondamentali a cavallo tra il mondo “tradizionale” e quello digitale
Da parte dei cittadini e di chi li rappresenta, questa lotta deve essere focalizzata sulla difesa di tre diritti fondamentali:
- il diritto alla privacy, come diritto umano, messo a rischio dagli abusi nella gestione gestione dei dati personali;
- il diritto alla conoscenza, come diritto civile, che dipende dall’accessibilità libera alle fonti di informazione e dalla capacità di mantenere una scuola pubblica di qualità che sia indipendente dal controllo delle piattaforme private di didattica e di fruizione dei contenuti;
- il diritto al lavoro, come diritto sociale, che nell’attuale asimmetria tra aziende che dispongono delle piattaforme di controllo e lavoratori, impatta soprattutto negli aspetti dell’aggregazione e della lotta sindacale.
Questi tre diritti non sono altro che la rappresentazione, nella società, dei tre gradi di libertà progressivi e necessari per lo sviluppo umano:
- la libertà del proprio corpo, di cui la privacy costituisce attualmente la definizione più chiara, alta e universale, valida sia nella realtà tradizionale, sia nella sua estensione digitale
- il libero arbitrio, legato da sempre al presupposto necessario del diritto alla conoscenza e dell’ancora più importante diritto all’istruzione
- l’autosufficienza economica che, attualmente, può essere concessa solo dal diritto di accesso al lavoro e, soprattutto, dalla capacità negoziale che solo una piena coscienza di classe dei lavoratori può consentire attraverso l’aggregazione sindacale e la lotta politica.
I temi politici che influiscono su questa sorta di trinità laica e sulle relative implicazioni digitali sono diversi, ma ne abbiamo individuati alcune che sembrano essere poco presenti nel dibattito pubblico:
Privacy è vita
Nessuno può considerarsi libero se è sorvegliato: per questo motivo consideriamo che qualsiasi forza politica che promuova la sorveglianza di massa sulle comunicazioni o la videosorveglianza di natura biometrica, vada considerata nemica della libertà.
Le forze politiche propongono la sorveglianza come valore aggiunto per tutta la popolazione (credito sociale) o, ancora meglio, come valore per la presunta parte buona della popolazione (i cittadini “per bene”) contro la parte “malata” (immigrati, detenuti, minoranze atipiche); altre volte la sorveglianza diventa la “soluzione” a un problema inesistente, ma reso reale da una narrazione esagerata basata sull’allarmismo sistematico sui temi del decoro, della sicurezza urbana e dell’immigrazione gestita esclusivamente come fenomeno criminale.
In realtà, da sempre, la sorveglianza avvantaggia solo chi la promuove: gli amministratori pubblici che ne avviano i progetti e le società appaltatrici che valorizzano i dati gestiti per monopolizzare il settore della sorveglianza e manipolare sia il mercato, sia i propri referenti politici. La storia e l’attualità internazionale ci insegnano invece che la sorveglianza non risolve i problemi e che il consenso dei cittadini viene ottenuto dirigendo la sorveglianza prima sulle categorie più deboli (minoranze, detenuti, immigrati) e poi, una volta sdoganato il principio, su lavoratori, dissidenti e cittadini comuni.
Anonimato è libertà
L’anonimato (online e offline) è un diritto inalienabile da tutelare, una riserva di libertà contro ogni autoritarismo: pubblico soprattutto, ma anche privato.
Allo stesso modo lo pseudonimato va tutelato in quanto propedeutico all’esercizio del diritto alla privacy e meccanismo di difesa contro il capitalismo della sorveglianza.
Per questo motivo, ogni processo di identificazione puntuale che condizioni l’accesso alle piattaforme dedicate alla fruizione di contenuti, alla relazione sociale e alla ricerca di svago deve essere considerato un attacco alla libertà.
Una forza politica meritevole di fiducia deve prendere una posizione chiara in proposito: chi tace è complice!
Trasparenza è conoscenza
Qual è il peso nei programmi elettorali e negli atti politici di questioni come la trasparenza nelle scelte politiche (basi dati aperte queste sconosciute…), il monitoraggio sulla corruzione (attraverso tutti i sistemi possibili, incluso un potenziamento delle leggi in favore della tutela dei whistleblower) e l’informazione di qualità sui mezzi di comunicazione pubblica?
Sarà importante da capire, perché solo queste prassi potranno consentire sia al Parlamento, sia ai cittadini di operare un’analisi di impatto della regolazione basata sui dati e soprattutto di permettere una corretta valutazione di impatto ex post; sostenere e finanziare le attività di monitoraggio civico anche informatico dei cittadini per vigilare sul rispetto della legalità, sull’ambiente, sui processi giudiziari, gli appalti, le decisioni amministrative, le assunzioni degli enti pubblici o partecipati, le concessioni e gli stanziamenti finanziari e sull’impatto degli algoritmi proprietari sulle dinamiche sociali e lavorative.
In questo scenario, l’intelligenza artificiale costituisce uno degli ambiti maggiormente impermeabili alla trasparenza: i meccanismi alla base del funzionamento dell’intelligenza artificiale sono opachi by default e diventano intelligibili solo se gli sforzi di progettazione tengono conto preventivamente di questi problemi. Il tecno-ottimismo nei confronti dell’intelligenza artificiale verrà quindi segnalato come un possibile elemento rivelatore di un approccio superficiale della politica a questi temi.
Conoscenza è autodeterminazione
Quali forze politiche affermeranno tra i principi fondanti il diritto alla conoscenza? Quali riprenderanno posizione in favore della prevalenza del diritto alla conoscenza sul copyright e la proprietà intellettuale.
Nessun riconoscimento della proprietà intellettuale può essere d’ostacolo al diritto alla conoscenza: la crescita culturale degli esseri umani è infatti non comporta semplicemente esternalità positive, ma è fondamento del benessere umano, dalle questioni di salute pubblica fino a quelle legate alla sicurezza nazionale.
Istruzione è cittadinanza
L’istruzione scolastica degli studenti e di istruzione continua dei cittadini, finalizzata non solo all’impiego degli strumenti informatici, ma anche allo studio dei fondamenti dell’informatica e alla cultura del software libero, sarà un elemento chiave per interpretare correttamente la direzione politica delle forze in campo. Solo così si può costruire e sensibilizzare una cittadinanza nuova, responsabile e attiva.
I sistemi di credito sociale, più o meno basati su algoritmi, intelligenza artificiale o gestione massiva dei dati personali, invece non sono altro che una scorciatoia delle politiche di sensibilizzazione e determinano un condizionamento dei comportamenti sociali che può limitare la libertà personale. L’unico “credito sociale” che bisognerebbe praticare è quello dei partiti che propongono sistemi di “credito sociale”!
Attraverso l’istruzione continua sarà possibile rafforzare la partecipazione dei cittadini ai processi deliberativi non solo legandoli all’utilizzo (spesso improvvisato) delle piattaforme partecipative, ma soprattutto attraverso la conoscenza dei metodi e delle dinamiche sociali di partecipazione.
A questo proposito, una puntualizzazione: la promozione del “voto elettronico” è una prassi anticostituzionale, pericolosa e soggetta a manipolazioni invisibili. Non che sia impossibile valutarne l’impiego opzionale e eccezionale per le sole categorie fragili o particolari (disabili, malati e residenti in paesi esteri con criticità infrastrutturali), ma proporre il voto elettronico è irresponsabile, non denunciarne esplicitamente le criticità è forse ancora peggio.
Concorrenza è pari opportunità
Cosa c’entra il principio liberale della concorrenza con la questione dei diritti digitali?
La risposta è che c’entra tantissimo: è infatti devastante l’impatto delle piattaforme digitali proprietarie e monopoliste nella formazione della pubblica opinione.
Solo delle leggi in favore della concorrenza potrebbero togliere ossigeno alle piattaforme dei monopolisti e questo dovrebbe avvenire anche attraverso provvedimenti che non si limitino a sanzioni economiche irrisorie rispetto ai fatturati dei raggruppamenti tecnologici più grandi, ma con l’interruzione brutale del servizio.
Attraverso le leggi sulla concorrenza è possibile anche costringere le piattaforme proprietarie a garantire la massima interoperabilità (il Digital Market Act va proprio in questa direzione).
Infine, l’attuazione della sovranità digitale e l’adozione del software libero o almeno open source nelle piattaforme digitali per i servizi pubblici (nell’istruzione, nella sanità e nella difesa) non va vista come un’intrusione dirigista dello Stato nell’economia, ma un modo per rendere il sistema più forte, più indipendente e per generare esternalità di sistema (lavoro, competenze, fiscalità).
Proprio lo scandalo della didattica a distanza costituisce uno dei temi guida dell’attuale campagna elettorale: vedremo chi ne parla direttamente, chi ne parla indirettamente e chi non ne parlerà affatto.
Come partecipare?
Sarà possibile partecipare al progetto di monitoraggio, attraverso la piattaforma feddit.it (qui il post originale su Poliverso), un’istanza italiana di Lemmy sulla quale è possibile commentare, anche anonimamente, secondo le tre seguenti modalità:
- essendo già iscritto o iscrivendosi per l’occasione all’istanza feddit.it
- essendo già iscritto o iscrivendosi per l’occasione a qualsiasi altra istanza Lemmy
- essendo già iscritto o iscrivendosi per l’occasione a una piattaforma del fediverso come Mastodon o Friendica
Le liste prese in considerazione
(la tabella viene aggiornata volta per volta, in base alla analisi del programma)
Lista (Voto) |
Sito web |
Link programma (link locale) |
Note |
Programma comune FdI-FI, presentato al ministero dell’interno (18/8) – Link locale Programma FdI, non ufficiale ma presente sul sito (8/9) – Link Locale |
|||
Forza Italia |
Pagina di download |
Programma (18/8) – Link locale |
|
|
Alleanza Verdi e Sinistra (Europa Verde + Sinistra Italiana) |
|
Possibile partecipa alla coalizione, ma senza esporre il simbolo sulla scheda |
Pagina di download | Documento (24/8) – Link locale | ||
Pagina con il manifesto | Manifesto – Link locale | ||
Referendum e Democrazia |
|||
UP (Dema/Manifesta/Rifondazione Comunista/Potere al Popolo) |
|||
Pagina di download | Programma – Link Locale | ||
Italia Sovrana e Popolare | |||
Griglia di valutazione
Punteggi |
|
3 |
sviluppo dedicato |
2 |
accenno diretto |
1 |
accenno indiretto |
0 |
nessun accenno |
-1 |
approccio discutibile |
-2 |
approccio “molto” discutibile |
Temi considerati
Temi |
Dettaglio |
Parallelismo tra tradizionale e digitale |
Capacità di integrare le questioni digitalil all’interno delle questioni proprie della società pre-digitale |
Diritti fondamentali: privacy |
Peso dato alla privacy: in generale, in quanto diritto umano (principio di autodeterminazione della sfera privata) fondamentale per l’esercizio dei diritti digitali; nello specifico delle questioni legate alla tutela dei dati personali, alla lotta contro la profilazione, alla rivendicazione della propria realtà biometrica, alla tutela dell’anonimato, all’armonizzazione con le politiche sanitarie |
Diritti fondamentali: diritto alla conoscenza |
Peso dato al diritto alla conoscenza: in generale, in quanto diritto civile (presupposto fondamentale per l’accesso all’istruzione e alle fonti della conoscenza); nello specifico delle questioni legate a istruzione, trasparenza, open data, accesso a internet, etc |
Diritti fondamentali: lavoro |
Peso dato al lavoro: in generale, in quanto diritto sociale (principio di autosufficienza economica e sociale); nello specifico delle questioni legate a monitoraggio, algoritmi, istruzione informatica (non solo formazione), etc |
Temi generali: anonimato |
Valutazioni: presenza esplicita nel programma (anonimato, pseudonimato), posizione sull’identificazione degli utenti nelle piattaforme di svago (social, giochi, etc), sistemi di pagamento |
Temi generali: concorrenza |
Accenno alla strategia antitrust (non necessariamente specifiche, ma fondamentali per arginare lo strapotere delle BigTech); presenza all’interno del programma di temi quali il diritto alla riparazione |
Temi generali: sovranità digitale |
Riferimenti alla questione della sovranità digitale o almeno alla strategia industriale/tecnologica (che è indicativa della strategia specifica sulle questioni digitali) |
Temi generali: trasparenza |
Open data, accesso agli atti, disciplina sulle gare pubbliche |
Temi generali: anticorruzione |
Riferimento alla tutela dei whistleblower |
Temi specifici: open source |
Riferimenti all’open source o, preferibilmente, al software libero, presenza nel fediverso |
Temi specifici: intelligenza artificiale |
Riferimenti all’intelligenza artificiale |
Temi specifici: smart PA |
Riferimenti ai servizi digitali al cittadino e al modo di implementarli; certificati, permessi, giustizia, etc |
Temi specifici: piattaforme partecipative |
Riferimenti all’argomento, riforme proposte, eventuali precisazioni |
Temi specifici: algoritmi |
Presenza della questione nel programma ed eventuali riferimenti ad ambiti |
Temi specifici: videosorveglianza |
Posizione sull’utilizzo di videocamere e sensori con il pretesto della |
Temi negativi: sorveglianza |
Sorveglianza e tecnocontrollo, anche solo verso le categorie “critiche” (detenuti, immigrati, indagati) |
Temi negativi: credito sociale |
Credito sociale |
Temi negativi: educazione tecnologica |
Formazione applicativa invece di istruzione digitale |
Temi negativi: voto elettronico |
Voto elettronico adottato per gli appuntamenti elettorali istituzionali |
Altri progetti di monitoraggio
Segnaliamo nel frattempo un progetto di monitoraggio nato parallelamente a questo, su iniziativa di Fabio Loviuz e gestito come repository collaborativo su Gitea.
Un altro progetto focalizzato solo sulla questione Cyber Security, che dovrebbe essere considerata estremamente strategica per il futuro della nazione, è stato condotto dal blog ZeroZone di Michele Pinassi. Tutti i contenuti sono reperibili a questo link: Elezioni e Cybersecurity: cosa c’è nei programmi elettorali delle varie forze politiche?
Troviamo estremamente interessante questo processo di controllo dal basso sui programmi elettorali e Ci auguriamo che prosegua, ma soprattutto ci auguriamo che le forze politiche si accorgano che il mondo digitale non è qualcosa di diverso dal cosiddetto mondo reale ma ne è semplicemente la prosecuzione logica nel contesto attuale.
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