Come ogni anno ci cimentiamo, più o meno per gioco, con una riflessione dedicata a Darwin nel giorno in cui si festeggia il #DarwinDay.
Se due anni fa ci siamo dedicati al rapporto tra la proliferazione della disinformazione e i meccanismi di selezione sociale nel mondo dell’informazione, l’anno scorso abbiamo voluto affrontare la questione dell’incredibile persistenza di certe forze politiche apparentemente esauste all’interno del tessuto democratico.
Quest’anno invece ci vogliamo concentrare sulla questione della polarizzazione ideologica e sull’accettazione dello status quo, come elemento concorrente rispetto alla diversità e di come questo freno evolutivo da una parte rischi di impoverire la cultura e la società, ma dall’altra possa anche determinare negli stagni culturali e sociali che provoca, un habitat ideale per la formazione di nuove idee, che potrebbero essere in grado di “colonizzare” con rapidità irrefrenabile lo scenario conservativo globale.
Social, guerra e tabù
I social della diversità
Quest’anno abbiamo potuto assistere all’incredibile sviluppo di uno dei sistemi di aggregazione sociale che più hanno riempito le cronache del mondo informatico.
Naturalmente stiamo parlando di Mastodon, il software alla base di un sistema decentrato di server che eseguono tanti piccoli social network interconnessi tra loro, sviluppato per somigliare a Twitter ma cercando di migliorarne le dinamiche sociali, in un progetto di tecnosoluzionismo entusiasta che ha avuto un notevole successo grazie alle disavventure capitate al suo archetipo.
La nostra fortuna è che abbiamo potuto osservare il fenomeno da un punto di vista privilegiato, dal momento che l’abbiamo potuto fare, oltre che da amministratori di alcune piccole istanze Mastodon e Friendica, anche in qualità di moderatori di mastodon.uno la più grande comunità italiana del Fediverso (e tra le prime venti al mondo). Questo punto di osservazione ci ha permesso non solo di vivere l’esperienza di Mastodon come un normale utente, ma ci ha impegnato in una continua attenzione rispetto a quelle dinamiche che spesso tutti noi abbiamo potuto vivere passivemante: la gestione delle dinamiche conflittuali tra utenti della stessa istanza o di istanze diverse, il contenimento della disinformazione, la valutazione di comportamenti problematici, i discorsi d’odio financo la mera maleducazione o il fenomeno delle segnalazioni proditorie. Il tutto, va fatto lavorando sulla gestione dei contenuti (consentiti/problematici/proibiti) molto più che sugli atteggiamenti (indelicatezza/maleducazione/provocazione).
I doveri di un moderatore di istanza sono soprattutto due, uno comune a tutte le comunità on line e l’altro specifico del fediverso:
- il primo è quello di mantenere un clima equilibrato tra libertà di espressione e la fisiologica contrapposizione tra posizioni non sempre conciliabili, il tutto nel rispetto per la diversità ma anche nel mantenimento di un ambiente interessante e stimolante;
- il secondo è quello di mantenere la massima interazione verso le altre istanze, in un ulteriore equilibrio tra la natura della propria istanza e quella delle altre istanze, estremamente diversificate per caratterizzazione ideologica, linguistica nonché tecnologica (già… Mastodon non è l’unico software del Fediverso e talvolta le diversità tra software possono portare a una decodifica non del tutto corretta).
Il tutto avviene in uno scenario in cui gli utenti non sono sempre consapevoli della prima difficoltà e quasi mai lo sono della seconda.
Propaganda, propaganda, propaganda e nausea
Chiunque abbia avuto una pur minima esperienza sui social avrà sicuramente potuto cimentarsi nella viralità di alcuni temi di tendenza fortemente polarizzanti, il più delle volte cadenzati dall’attualità politica nazionale; dopo queste ondate persiste a volte anche una sorta di radiazione di fondo e alcuni utenti monotematici o oligotematici ripropongono i temi passati, un po’ per convinzione, un po’ “per vedere l’effetto che fa”. E l’effetto purtroppo è spesso quello di determinare tensioni.
Anche su Mastodon si presentano spesso questi fenomeni ma, tranne rarissimi casi, non si verificano né risse (tutti contro tutti) né pestaggi di gruppo (tutti contro uno), anche perché le regole dell’istanza mastodon.uno, oltre al trolling e al bullismo, non consentono propaganda politica e disinformazione.
Questo regolamento piuttosto chiaro e la condotta praticata dai moderatori ha portato alcuni utenti a protestare e ad accusare i moderatori di limitare la libertà di parola.
Ultimamente comunque si è abbassata la soglia di tolleranza degli utenti nei confronti di chiunque esprima opinioni problematiche ed eccentriche e, come se non bastasse, sono decisamente aumentate le segnalazioni sia da dentro sia da fuori l’istanza.
Il motivo è chiaro: la disinformazione deliberata praticata dalle diverse “bot & troll farm” è diventata così persistente che gli utenti ne provano nausea e non solo la riconoscono ogni qualvolta la vedano, ma la vedono anche quando non è disinformazione.
Come sostiene il “substracker” Matthew Yglesias “il panico della disinformazione potrebbe, nel tempo, rendere più difficile discernere la verità effettiva”.
A questo proposito, riportiamo un intressante passo di Geoff Shullenberger su Unherd:
Di fronte al tumulto populista incipiente, dichiarare guerra alla “disinformazione” ha consentito alle istituzioni dell’establishment di spostare le legittime ansie sull’uso manipolativo delle tecnologie dei media verso entità emergenti che, per quanto senza scrupoli, non possono rivendicare nulla di simile all’influenza delle organizzazioni dei media allineate allo stato o , del resto, le stesse piattaforme tecnologiche.
link: https://unherd.com/2022/03/the-myth-of-online-misinformation/
Dietro tutti i discorsi di “misinformazione” e “disinformazione” c’è il tacito presupposto che questi termini designino eccezioni a un panorama mediatico altrimenti incontaminato. La struttura alternativa di Gehl e Lawson punta alla realtà più disordinata: una gara tra “ingegneri sociali” (molti dei quali solo ambiziosi) che operano su una varietà di scale diverse e prendono di mira popolazioni, individui e tutto il resto. Il panico della #disinformazione, che ha oscurato questa realtà negli ultimi cinquant’anni, è di per sé una delle campagne di #IngegneriaSociale più efficaci del nostro tempo.
La disinformazione deliberata infatti non coincide sempre con le notizie false: così come diffondere notizie false non significa fare disiformazione deliberata, allo stesso modo non è disinformazione esprimere le stesse posizioni espresse dai disinformatori; infine anche le notizie vere possono diventare propaganda e, paradossalmente, correlare le notizie vere a un determinato fronte può costituire una forma preventiva di disinformazione.
Propaganda di guerra
Siamo in guerra? No, non ancora… ma la guerra è vicina e noi, il nostro Paese, la nostra “parte” siamo direttamente coinvolti nel sostenere la resistenza Ucraina all’invasione Russa, quindi noi non siamo in guerra ma siamo insieme a chi in guerra ci sta: come diceva il politico e diplomatico britannico Philip Snowden “Truth, is the first casualty of war.”
Questo sta comportando panico da disinformazione e non aiuta a distinguere la disinformazione dall’ignoranza, ma neanche a distingure le falsità dalle opinioni sbagliate. Ne abbiamo scritto qualche mese fa:
Alcune di queste opinioni sono solo ineleganti, altre non hanno alcuna valenza informativa, altre sono generalizzazioni indebite, altre infine sono questioni ancora dibattute. Ma sono disinformazione?
Link: https://feddit.it/post/113143
Guerra, tribù e tabù
Il punto è che se in guerra la prima vittima è la verità, la seconda vittima è la diversità.
L’intolleranza diffusa verso chi non esprime posizioni in linea con l’opinione comune sta diventando sempre più insopportabile; chi esprime posizioni divergenti viene identificato come un ignorante, uno stupido, come un portatore di interessi sospetti e, soprattutto, la “comunità” inizia a perdere ogni inibizione nel maltrattarlo, denigrarlo, offenderlo: quasi come se non fosse più solo una persona, ma un bot.
La comunità di “aventi ragione” (perché avete pensato subito ai supporter social di Renzi e Calenda? Vi ho beccato…) inizia ad avere la connotazione identitaria di una tribù e come tutte le comunità identitarie smette di pensare e si accontenta di interpretare una parte: la parte di chi cerca di dire le cose di chi ha ragione e cerca di trasformare in tabù tutto ciò che non corrisponde all’idea affermata di verità; un recente post di Filippo Rossi su Huffington Post (grazie a Maria Chiara Pievatolo per la segnalazione), riporta un bel coretto di “aventi ragione” che, perdendo ogni freno inibitorio, giunge a vere e proprie aberrazioni; ma è l’autore che apre programmaticamente l’articolo con questo assunto:
«(l’espressione, ndr) “più complesso” è il nuovo “e il Pd?, è il velo retorico dietro al quale si nascondono, più o meno inconsciamente, più o meno in malafede, i complici di Putin l’assassino»
Questa affermazione sembrerebbe essere uscita dalla bocca degli ideologi (o dai volenterosi carnefici) di alcuni vecchi regimi dittatoriali in fase terminale…
Ora, non vogliamo fare un elogio del complottista, ma combattendo, disprezzando, etichettando e annullando i “divergenti” senza farci domande, stiamo rinunciando a capire se la loro (palese) vulnerabilità alla disinformazione non sia un sintomo della diversità con cui possono comprendere l’infosfera, se quelle persone non possano diventare, una volta accompagnate nel dominio del pensiero razionale, una risorsa in grado di fornire contributi importanti alla società. Escluderli dalla società e segnarli con lo stigma sociale dell’ignoranza e della malafede significa privarsi di diversità.
Ora è chiaro quanto questo approccio escludente sia dannoso per la diversità di opinione e in genere per la diversità di pensiero?
Certo, Verità e Diversità sono due strane divinità laiche, che come tutte le divinità che si rispettino hanno la capacità di morire e risorgere senza problemi: dopo la guerra la verità può risorgere e, la diversità distrutta potrà comunque ricostruirsi e, tra le poche cose che i Futuristi avevano capito della guerra, c’era sicuramente il suo (apparente) potere rigenerativo derivante dal suo carattere (effettivamente) distruttivo.
Tuttavia il nostro problema di semplici, deboli e poco longevi esseri umani è che i nostri tempi non sono compatibili con quelli di una divinità e quando si tratta di due divinità così preziose, beh… finire in mezzo a un doppio deicidio non è il massimo!
Non possiamo certo consolarci con la diversità che verrà, perché a noi serve ora.
«Oggi militarismo e bellicismo sono totalmente sdoganati, non li mette in questione quasi nessuno. Abbiamo visto due marò accusati di omicidio trasformati in eroi della patria. Abbiamo visto l’esercito schierato nelle strade con compiti di ordine pubblico. Lo abbiamo visto fare propaganda nelle scuole elementari. Soprattutto negli ultimi due anni abbiamo subito la militarizzazione spinta della gestione pandemica, con il ricorso a una retorica bellicista, il tricolore ovunque e un generale in mimetica a rappresentare la campagna vaccinale. L’emergenza pandemica come ‘guerra al virus’»
EDIT 15/2: lo stralcio citato, proviene da un articolo dei WuMing che ci è sembrato opportuno linkare in questo post, in quanto mette bene in risalto alcune delle storture di cui abbiamo trattato nel nostro post
Pazienza e conoscenza
Darwin ci ha aiutato per la prima volta a comprendere alcuni meccanismi standard della compessità e della casualità e pertanto i fautori dello status quo sanno che, nel breve termine, il modo migliore per frenare il cambiamento è devastare la diversità!
da quando il concetto di darwinismo è stato elaborato, le condizioni ambientali non sono più “variabile indipendente” della nostra evoluzione: lavorare sulle condizioni ambientali consente di frenare il cambiamento o almeno di mantenerlo in equilibrio per il maggior tempo possibile.
Ma i meccanismi darwiniani sono ormai parte della conoscenza e anche noi abbiamo la possibilità di riconoscere quegli elementi che possono distruggere la diversità come risorsa.
Pertanto manteniamo quanto più possibile la diversità! Cerchiamo di distinguere i disinformatori professionisti, i troll e quei soggetti “perduti” che ormai hanno sposato una tesi e la porteranno fin nella tomba; ma ci sono molte persone semplicemente disinformate, altre che hanno pregiudizi bloccanti, altre ancora che affermano la disinformazione solo perché è una narrazione strumentale alle loro paure (ho paura di vaccinarmi? allora utilizzo le buvale novax per attaccare chi fa pressione perché io mi vaccini).
Con pazienza sarà forse possibile portare un po’ di conoscenza e, soprattutto, convincersi del fatto che anche quando siamo convinti di saperne più dei nostri interlocutori e addirittura quando ne sappiamo effettivamente di più, abbiamo sempre la possibilità di confrontarci con quei modelli di pensiero altrui che nel caso migliore possono tornarci utili a comprendere, nel caso “meno migliore” possono comunque aiutarci a riconoscere modelli di pensiero fallaci la cui conoscenza ci renderà immuni ad alcuni processi infettivi della disinformazione.
Cosa ci insegna Mastodon sulla diversità?
Mastodon è stato un interessantissimo laboratorio in cui hanno trovato compimento concetti di speciazione, convergenza evolutiva, nicchie biologiche e valore della tecnodiversità.
Un progetto open source disegnato per minuscoli server (nicchia biologica diversa) ma nato per fare il “social” come lo potevano fare solo le grandi piattaforme dotate di grandi server farm (convergenza evolutiva); sviluppato su uno dei tanti protocolli nati per gestire la comunicazione federata (quindi grazie a una preesistente diversità); dal (piccolo) successo di esso sono nati altri progetti, analoghi come Pleroma e Misskey o diversi come Lemmy e Mobilizon (speciazione). E se un giorno l’architettura di Mastodon dovesse collassare o non fosse più compatibile con i costi energetici o legali dei server, oggi esistono tanti altri progetti che potrebbero prendere il suo posto.
Il successo di mastodon ha contribuito a tenere in vita anche un progetto altrettanto interessante come Friendica (che per funzionare aveva scelto anche il protocollo di Mastodon), che però probabimente non sarebbe durato senza il successo che mastodon ha restituito a tutto il Fediverso (simbiosi).
Il successo di mastodon ha consentito anche di aumentare la notorietà di progetti di fruizione multimediale come PeerTube o FunkWhale (modificazione dell’ambiente che rende possibile lo svuluppo di altre specie).
Questa diversità si è rivelata davvero utile? Beh, i tantissimi utenti che hanno voluto abbandonare Twitter senza perdere le cose migliori di Twitter, l’hanno potuto fare grazie a questo piccolo miracolo (è un po’ come quando troviamo proteine di sintesi interessanti nel veleno delle rane dell’Amazzonia).
Tuttavia Mastodon ci suggerisce anche cose meno allegre sulla diversità: il rischio che Mastodon divenga uno standard di fatto potrebbe condizionare la potenziale diversità dei progetti attuali e futuri del Fediverso. E le stesse dinamiche sociali di cui sopra, potrebbero determinare una perdita di diversità nella comunità.
Ma la cosa più interessante di tutte ce l’ha insegnata dal punto di vista della “conoscenza”.
Da quando i social tradizionali sono entrati in crisi sia dal punto di vista della socializzazione, sia da quello della privacy, sia (soprattutto) da quello della sostenibilità del loro modello economico, ecco che nuove tecnologie si sono sviluppate rapidamente.
Come è stato scritto esaurientemente qui, la crisi oggettiva del modello di business delle Big Tech, sta producendo grossi guai, ma sta anche consentendo di creare spazi per nuovi prodotti/servizi, più adatti alle esigenze attuali o, semplicemente, migliori dal punto di vista tecnologico ed ergonomico.
E tutto questo ci fa capire quanto il monopolio delle Big Tech, aiutato dalla proiezione geopolitica USA e dal doping finanziario di Wall Street, non abbia fatto che acuire la fisiologica pigrizia della popolazione (che sta trasformando in piccoli boomer anche i giovani studenti che #MonitoraPA vorrebbe emancipare da BigG) e soprattutto l’obsolescenza tecnologica attuale:
Sebbene l’innovazione sia stata celebrata in tutti i modi possibili, in tutte le salse possibili e con grande pompa, gli ultimi 15 anni sono stati gli anni in cui un circolo di aziende “fat belly” ha fermato l’innovazione.
Link: https://keinpfusch.net/il-lungo-inverno-dell-innovazione/
Andate indietro di 15 anni e troverete i GAFAM e i loro servizi. Andate ad oggi, e troverete i GAFAM e i loro servizi.
Chiaramente, se questo è stato possibile, è solo grazie al fatto che le Big Tech non siano riuscite a comprare tutto ciò che potesse minacciarne il primato.
Ecco quindi che torniamo al tema principale: la diversità tecnologica, così come quella culturale, così come quella sociale sono una risorsa per il futuro della società. Le caratteristiche che oggi ci sembrano inutili o disprezzabili, potrebbero portare grande vantaggio in futuro, in termini di libertà, progresso, diritti e conoscenza.
Forse qualche rivoluzionario avrà anche pensato che i prigionieri della Bastiglia avrebbero potuto essere uccisi senza il fastidio di nessuno, ma così non si sarebbe probabipmente fatta la Rivoluzione Francese…
“Molti di quelli che vivono meritano la morte e molti di quelli che muoiono meritano la vita. Tu sei in grado di valutare Frodo? Non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi. Anche i più saggi non conoscono tutti gli esiti. Il mio cuore mi dice che Gollum ha ancora una parte da recitare nel bene o nel male, prima che la storia finisca. La pietà di Bilbo può decidere il destino di molti”
J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli
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