Nel post che Andrea Saltelli e Tommaso Portaluri hanno pubblicato su ROARS vengono affrontate alcune importanti riflessioni sul rapporto ancora disfunzionale che intercorre tra politica e scienza.
Le affermazioni apodittiche per cui “la scienza non è democratica” rendono infatti tossico il dibattito così come da una parte le istanze antiscientifiche e dall’altra le pretese della politica di ribaltare ogni responsabilità decisionale alla scienza.
Tuttavia la scienza andrebbe valutata anche nella sua dimensione politica, una dimensione che emerge in quel tessuto del tutto umano in cui si intrecciano gli obiettivi fissati e i risultati ottenuti.
La consapevolezza di politici e cittadini diviene quindi il requisito per guidare un progresso civile in cui la scienza deve essere considerata un faro e non un semaforo.
Detto altrimenti, il tema di cui si parla è l’urgenza di democratizzare la scienza. Non nel senso di raggiungere per via plebiscitaria un consenso sulle conclusioni scientifiche, ma di favorire processi di trasparenza e accessibilità delle pratiche scientifiche
Nel post che Andrea Saltelli e Tommaso Portaluri hanno pubblicato su ROARS vengono affrontate alcune importanti riflessioni sul rapporto ancora disfunzionale che intercorre tra politica e scienza.
Le affermazioni apodittiche per cui “la scienza non è democratica” rendono infatti tossico il dibattito così come da una parte le istanze antiscientifiche e dall’altra le pretese della politica di ribaltare ogni responsabilità decisionale alla scienza.
Tuttavia la scienza andrebbe valutata anche nella sua dimensione politica, una dimensione che emerge in quel tessuto del tutto umano in cui si intrecciano gli obiettivi fissati e i risultati ottenuti.
La consapevolezza di politici e cittadini diviene quindi il requisito per guidare un progresso civile in cui la scienza deve essere considerata un faro e non un semaforo.